La riforma del fisco che è stata preannunciata dal governo, anche perché richiesta dalla Unione Europea in cambio del Recovery Fund, potrebbe portare all’abolizione del cosiddetto “Regime forfettario”, introdotto in Italia con la Legge n. 190/2014 (Finanziaria 2015).

Il regime forfettario si applica solo imprese che conseguono e incassano ricavi annuali fino a 65 mila Euro (e che non hanno sostenuto spese per personale dipendente superiori al limite di 20.000 Euro); in caso di superamento di tale soglia, si perde il diritto alle agevolazioni, salvo poi recuperarlo in anni successivi nel caso in cui il contribuente ritorni al di sotto della soglia dei 65 mila Euro.

Il regime presenta diverse agevolazioni.

La prima agevolazione è sulle proprie prestazioni non dovrà essere aggiunta l’IVA; d’altra parte, l’IVA pagata sulle proprie forniture non potrà essere detratta.

In secondo luogo, l’imposta sul proprio reddito annuale, che in una impresa è costituita da IRPEF e IRAP, con valori che per i redditi più bassi sono complessivamente del 26,9%, è data da una imposta forfettaria del 15%.

Tale importo è ulteriormente ridotto al 5% per i primi cinque anni per chi avvia una nuova attività, che non sia una mera prosecuzione di un’attività preesistente.

In terzo luogo, l’importo del reddito imponibile su cui applicare tali aliquote (15% o 5%) non è determinato, come normalmente avviene, tenendo una contabilità analitica che registri tutti i ricavi e tutti i costi, ma partendo dai ricavi e applicando ad essi il “coefficiente di redditività” relativo a quel tipo di attività. Per le imprese artigiane alimentari (ad esempio una gastronomia) il coefficiente è del 40%. Ciò significa che se l’impresa raggiunge ricavi per 50 mila Euro, il reddito che verrà determinato forfettariamente a 20 mila Euro (che sono infatti il 40% di 50 mila Euro).

Un professionista (ad esempio un consulente) che consegua ricavi per il medesimo importo (50 mila), risulterebbe avere un reddito più alto, in quanto il coefficiente di redditività sarebbe nel suo caso del 78%, essendo un’attività di consulenza, notoriamente, un’attività che presuppone meno costi di produzione rispetto a una gastronomia. Il reddito del consulente sarà quindi, con ricavi di 50 mila euro, pari a 39 mila euro.

Sui redditi così determinati, le imposte da versare saranno calcolate applicando l’aliquota del 15%, oppure quella del 5%, in caso di nuova impresa.

Un ulteriore vantaggio per chi rientra nel regime forfettario è quello di non essere tenuti alla fatturazione elettronica, potendo applicare la vecchia e tradizionale fatturazione cartacea. Va detto che però molte imprese giudicano la fatturazione elettronica come più semplice ed efficiente rispetto ai vecchi sistemi.

Nel caso in cui il tipo di attività preveda (ciò avviene per il consulente di cui sopra, ma non per la gastronomia) l’applicazione di una ritenuta di acconto, questa non deve essere applicata ai contribuenti in regime forfettario.

Ultimo vantaggio, veramente importante: sui contributi INPS da versare per la propria pensione è concesso uno sconto del 35%. Su contributi annuali pari a 10 mila Euro, quindi, l’imprenditore risparmierebbe, ogni anno, 3.500 Euro.